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Sanzione disciplinare al medico per i suoi consigli alimentari risolutivi di gravi patologie per pazienti mai visitati

Sanzione disciplinare al medico per i suoi consigli alimentari risolutivi di gravi patologie per pazienti mai visitati

La Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie (CCEPS), con decisione del 16.05.2019, respinge il ricorso di un medico avverso la delibera del competente Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri con la quale era stata irrogata la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione per tre mesi per avere divulgato le proprie tesi in materia di terapie mediche alternative, screditando i protocolli tradizionali anche nelle ipotesi di comprovata efficacia perché riconosciuti dalla comunità scientifica, tenendo un atteggiamento denigratorio nei confronti della medicina ufficiale; tale attività di divulgazione avveniva per fini di lucro, in una situazione di conflitto di interessi. 

L’interessato propone quindi ricorso in cassazione avverso la sentenza della CCEPS sulla base di vari motivi con i quali deduce una serie di profili di illegittimità che, secondo la sua tesi, affliggono la decisione impugnata.

La Corte di Cassazione, seconda sezione civile, con la recente sentenza n. 10186/2024, depositata il 16.04.24, nel respingere il ricorso, osserva che le contestazioni mosse nei confronti del medico non censuravano le sue tesi sull'associazione delle diete al gruppo sanguigno di ogni individuo - e quindi l’attività scientifica svolta - ma l’aver sostenuto, attraverso video incontri e pubbliche conferenze diffuse a mezzo di emittenti televisive e via web, che tali diete fossero risolutive di patologie gravi; che queste attività integrano certamente un atto medico, tanto più che le tesi proposte e i consigli alimentari, pur non accompagnati da visite mediche, erano presentati come risolutivi di patologie gravi, oltre a essere associati a una costante attività denigratoria della medicina ufficiale e delle terapie tradizionali; che non sussiste la dedotta violazione dell’art. 39 DPR n. 221/1950 in quanto nel procedimento disciplinare a carico degli esercenti la professione sanitaria, il compimento degli atti di indagine volti ad accertare la configurabilità o meno dell’illecito disciplinare non deve essere necessariamente preceduto, a pena di illegittimità del procedimento, dalla specifica contestazione all'indagato dei fatti integranti l’illecito disciplinare; che, infatti, la specifica contestazione dei suddetti fatti deve precedere soltanto il giorno fissato per il giudizio e può ritenersi effettuata qualora l’incolpato abbia avuto conoscenza dell’accusa e sia stato messo in condizione di difendersi e discolparsi in tempo per il giudizio.

a cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano

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