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Danno da mancata completa informazione dell’esito di una refertazione ecografica

Danno da mancata completa informazione dell’esito di una refertazione ecografica

A un medico viene contestato di avere eseguito un’omessa diagnosi di malformazioni del feto in sede di ecografia morfologica.

La domanda risarcimento dei danni avanzata dai genitori nei confronti del medico e della struttura ove era stata eseguita l’ecografia incriminata viene respinta in primo e secondo grado.

La Corte di Appello, in particolare, osserva che la C.T.U. ha evidenziato una refertazione incompleta del sanitario convenuto/appellato che aveva omesso di specificare che, poiché il feto era in posizione cefalica, non erano state possibili le proiezioni sagittale e coronale, le uniche che avrebbero permesso di vedere l'agenesia del corpo calloso, spesso presente nelle malattie genetiche, così da indurre ragionevolmente a effettuare ulteriori approfondimenti, opportunamente più specifici di quello ecografico; che, però, la descritta responsabilità omissiva non può condurre all'accoglimento della domanda, non essendo stato allegato e provato, seppure con presunzioni, che la parte, qualora compiutamente informata, avrebbe deciso d’interrompere la gravidanza ricorrendone i dimostrati presupposti; che, invece, è risultato che non erano state richieste ed effettuate neppure analisi più approfondite in questo senso, quale l’amniocentesi.

Ricorrono in cassazione i genitori deducendo, tra l’altro, che la Corte di appello è incorsa in errore non avendo considerato che il difetto di refertazione non aveva permesso una corretta formazione del consenso, ledendo il diritto all'autodeterminazione della paziente.

La Corte di Cassazione, terza sezione civile, con la recente sentenza n. 12000/2024, depositata il 03.05.24, accoglie questo motivo del ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia l’esame della controversia ad altro giudice d’appello che si dovrà attenere al principio di diritto enunciato dal giudice di legittimità.

La Suprema Corte osserva, in particolare, che i giudici di merito hanno sovrapposto la questione relativa all'accertamento fattuale della volontà d’interrompere la gravidanza al diverso profilo inerente all'autodeterminazione; che, infatti, l'acquisizione del “consenso informato” del paziente da parte del sanitario costituisce prestazione diversa rispetto a quella avente ad oggetto l'intervento medico, con la conseguenza che l'errata esecuzione di quest'ultimo dà luogo, in ipotesi, a un danno suscettibile di ulteriore e autonomo risarcimento rispetto a quello dovuto per la violazione dell'obbligo d’informazione, anche in ragione della diversità dei diritti - rispettivamente, alla “autodeterminazione” delle scelte mediche e all'integrità psicofisica - pregiudicati nelle due differenti ipotesi; che, in sostanza, i danni risarcibili in conseguenza della lesione del diritto all'autodeterminazione della gestante non si limitano a quelli correlati alla nascita indesiderata, estendendosi anche agli altri che siano connessi alla perdita della possibilità di predisporsi ad affrontare consapevolmente tale nascita, quali, ad esempio, il ricorso, per tempo, a una psicoterapia o quanto meno la possibilità di una tempestiva organizzazione della vita in modo compatibile con le future esigenze di cura del figlio.

Richiamando una sua precedente decisione (n. 30727/2019), la Corte di Cassazione sottolinea inoltre che il sanitario che formuli una diagnosi di normalità morfologica del feto anche sulla base di esami strumentali che non ne hanno consentito, senza sua colpa, la visualizzazione nella sua interezza, ha l'obbligo d'informare la paziente della possibilità di ricorrere a un centro di più elevato livello di specializzazione, in vista dell'esercizio del diritto della gestante di interrompere la gravidanza, ricorrendone i presupposti.

Richiamando un’altra sua precedente sentenza (n. 2798/2023), la Suprema Corte ricorda anche che a una corretta informazione consegue la facoltà di predisporsi ad affrontare consapevolmente le conseguenze dell'intervento, ove queste risultino, sul piano post-operatorio riabilitativo, particolarmente gravose e foriere di sofferenze prevedibili quanto inaspettate per il paziente a causa dell'omessa informazione.

a cura di Sergio Fucci - Giurista e bioeticista, già consigliere presso la Corte d’Appello di Milano

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